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Roma è dunque l’esempio classico … di un processo di decomposizione. La sua disgregazione fu la conseguenza della sua eccessiva espansione che provocò una decadenza delle funzioni e una diminuzione del controllo sui fattori economici e sugli agenti umani essenziali alla sua continuità. … il suo principale contributo all’evoluzione urbana è la lezione negativa della sua espansione patologica, lezione evidentemente così difficile da afferrare, che le città hanno continuato a considerare la semplice espansione fisica ed economica una dimostrazione della propria prosperità e della propria cultura.(sulla Roma del IV secolo, L. Mumford, La Città nella storia, Bompiani, 1961)
Ancora oggi l’estensione di Roma costituisce il principale elemento di vulnerabilità della città.Bassa densità, infrastrutturazione insufficiente, abusivismo e difficoltà di programmazione nel breve periodo contribuiscono, poi, al degrado delle periferie e della città nel suo complesso.
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La possibilità di rappresentare gli architetti di Roma e provincia del nostro Ordine è stata per me un’occasione di crescita. Ho vissuto l’esperienza da presidente in maniera responsabile, trasparente, incentivando lo spirito partecipativo e collettivo tra gli iscritti e con la città. Accanto all’esperienza personale, mi sento di poter dire, confortato dai fatti e dai risultati raggiunti, che questi anni sono stati proficui anche per l’Ordine. Il fine mandato è il momento in cui si tirano le somme, si guarda dall’alto la mappa del percorso intrapreso nel tentativo di individuare le sfide affrontate: tante vinte, altre ancora in fase di sviluppo e che stanno lì a dare il senso di
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Urban Rigger, 2014, Copenhagen
BIG Architects
L’immagine attuale di Copenhagen è quella di una città sostenibile, dall’elevato tenore di vita e che incentiva la mobilità dolce. Questa rappresentazione riflette una serie di politiche mirate (su tutte il famoso piano urbanistico Finger Plan) avviate a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, che le hanno permesso di dare inizio a un processo di graduale e significativo miglioramento e di distanziarsi definitivamente dal profilo di centro urbano avvolto da un alone di smog e “intasato” di autovetture. La città, divenuta nel tempo anche un simbolo di democrazia e inclusione (uno dei tanti esempi è il masterplan SUK - Superkilen per il quartiere di Nørrebro, pubblicato nel numero 118 di AR, volto all’integrazione delle diverse componenti etniche dell’area), si è data come nuovo, ambizioso obiettivo quello di essere, entro il 2025, la prima capitale europea carbon neutral. In quest’ottica sta elaborando i suoi piani urbani e incentivando ulteriormente l’utilizzo e la gestione ottimizzata dello spazio. Il prototipo di studentato Urban Rigger, concepito nel 2013 e realizzato nel 2015 dall’omonima start up con la collaborazione di varie eccellenze tra cui lo studio BIG per la progettazione architettonica, è un nuovo modello
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L’attuale definizione di periferia impone una riflessione ad ampio respiro su come confrontarsi con situazioni di marginalità e di declino tanto in aree distanti dal centro storico, interessate dallo sviluppo di un’era industriale oggi tramontata, quanto in zone nevralgiche della città, che siano al fianco del tracciato ferroviario o all’interno del cuore urbano, ma che nel tempo hanno diminuito i propri standard di qualità fino a diventare, in alcuni casi, inutilizzate. Da ciò scaturisce la volontà di offrire alcuni esempi europei di realtà periferiche al centro di un’operazione di riqualificazione non solo architettonica, ma anche urbanistica. Il progetto di Copenhagen firmato da BIG abbina il lancio di un prototipo galleggiante per residenze a basso costo alla volontà di riqualificare le aree portuali inutilizzate.
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Ci può dare un inquadramento sociale e territoriale di Molenbeek?
Il Comune di Molenbeek conta 100 mila abitanti, si trova nella prima periferia della Regione di Bruxelles e delimita il centro storico. Appartiene alla “mezzaluna povera” della regione, una zona che racchiude vari distretti industriali storici dove, nel tempo, si sono insediate famiglie in situazioni precarie e di immigrati. A Molenbeek c’è una forte componente multietnica e multiculturale; la gente che abita qui viene dall’Asia, dall’Africa e dall’Europa, ma la comunità più consistente è quella islamica di origini nord-africane.
In base alla sua esperienza, come si è evoluto negli ultimi anni il concetto di “marginalità”?
Nel caso di Molenbeek è necessario ritornare al 1991. Le prime rivolte avvennero a meno di due anni dall’istituzione della Regione di Bruxelles, per mano delle nuove generazioni di immigrati che vivevano nella “mezzaluna povera”. Questo primo episodio evidenziava una spaccatura, tuttora esistente, della città. Da una parte i quartieri dei ricchi e dei bianchi dove gli indicatori sociali erano e sono positivi (scolarizzazione, occupazione etc.), dall’altra quelli dei poveri, spesso stranieri e precari, senza diritto di voto e praticamente ignorati dalla politica.
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Mario Cucinella, architetto palermitano ma da anni residente a Bologna, è il curatore del padiglione Italia alla Biennale di Architettura 2018. Gli abbiamo chiesto la sua visione delle periferie, dai falsi miti come il riuso fino alle responsabilità della politica, passando per l’esperienza nel gruppo G124 voluto da Renzo Piano.
Che idea si è fatto delle periferie? Sono più un problema da risolvere o un’opportunità per crescere?
Sono anche un problema, inutile negarlo, benché vada calato nelle singole realtà. Ci sono casi in cui c’è un tessuto sociale molto forte e altre abbandonate a loro stesse. Quelle più problematiche spesso lo sono diventate per mancanza di “cose”, perché nel costruire la città contemporanea si è data più voce all’emergenza casa, dimenticando servizi, negozi, parchi, scuole. Poi, certo, quando c’è un problema da risolvere, c’è anche un’opportunità. Le periferie offrono spazi e relazioni che i centri storici non possono più garantire. I centri storici sono gentrificati.
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Trasformare gli scali ferroviari dismessi e tradurli in risorse finanziarie per potenziare il sistema di trasporti delle città. È la missione di Sistemi Urbani, la società di FS che ha lo scopo di valorizzare il patrimonio del gruppo non funzionale all’esercizio ferroviario e che si occupa di definire la destinazione urbanistica di questi spazi. «Un’occasione per le grandi città italiane» spiega Carlo De Vito, amministratore delegato del gruppo che da anni insegue il sogno di riconvertire le aree dismesse.
Ingegner De Vito, FS Sistemi Urbani si sta dedicando alla valorizzazione del proprio patrimonio non fruibile all’esercizio ferroviario per mezzo di interventi urbanistici e di riqualificazione. Ci può spiegare, in sunto, il vostro approccio?
Gli spazi a ridosso delle strade ferrate sono occasione di sviluppo urbano. L’idea da cui siamo partiti è che, tenendo conto della stretta relazione tra mobilità e urbanistica, abbiamo cercato di mettere a sistema questo approccio invece di pensare al singolo “pezzetto”. Almeno nelle 14 città metropolitane dove ci sono infrastrutture ed esiste una necessità di recupero nelle zone centrali.
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«È evidente che per gestire una Capitale le istituzioni locali non possono essere lasciate da sole. Una sinergia di interventi a livello politico ed economico è indispensabile. L’Acer vuole collaborare, a stretto contatto con le istituzioni, al progetto di rilancio della città, anche offrendo idee e proposte». A dirlo è Nicolò Rebecchini, classe ’63, nuovo presidente di Acer da giugno del 2017; un’elezione all’insegna del cambiamento, per il rilancio dell’associazione, ma anche al servizio della città. A partire dal dialogo con le istituzioni. Comune in testa.
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Il primo progetto per la Stazione di Vigna Clara venne realizzato in occasione del Campionato mondiale di calcio del 1990, ma la fermata non entrò mai in esercizio e rimase aperta per pochissimo tempo. Il progetto di restyling affidato allo studio Amaart nel 2016 ha previsto il recupero completo del vecchio corpo di fabbrica e la ricucitura della “ferita” inferta alla città per molti anni.
Il primo intento progettuale è stato quello di migliorarne la fruibilità, andando a creare un corpo di stazione con tre ingressi sia mediante un nuovo accesso su via Tuscia, sia attraverso l’ingrandimento di quello esistente su via Amoroso. L’andamento distributivo del locale viaggiatori ha, a oggi, una forma a “T” ed è reso molto più fruibile e semplice nell’individuazione dei percorsi che saranno di due tipi: uno longitudinale, che prende luogo dall’ingresso principale, e uno trasversale, che si sviluppa lungo l’asse dei due ingressi laterali. Nel progetto si mantengono le due attività commerciali sul fronte principale, il bar a sud-ovest e il negozio di arredamento a nord-ovest. I tre ingressi fra loro sono diversi come linguaggio e come intenzione di
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La quarta edizione della Biennale dello spazio pubblico, svoltasi nelle giornate dal 25 al 27 maggio scorsi, ha ricevuto l’importante riconoscimento di una Medaglia da parte della Presidenza della Repubblica. Cosa significa per i promotori dell’evento l’attribuzione di questo riconoscimento?
«Al di là dell’orgoglio e della soddisfazione, mi piace pensare che siano stati colti gli elementi di straordinarietà, innovazione e apertura culturale che hanno animato la Biennale, dando prova di una rinnovata fiducia nella vita pubblica e nelle istituzioni democratiche. Il messaggio emerso in modo univoco dalla Biennale e in particolare dai 26 workshop che l’hanno animata è che la rigenerazione degli spazi pubblici può rappresentare l’opportunità per una riconquista democratica delle città e dei territori. Indipendentemente da questo importante riconoscimento, siamo molto soddisfatti dei dati relativi alla partecipazione. La Biennale ha visto infatti la presenza di circa 1.500
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Lo studio Gehl lavora in tutto il mondo. Secondo la sua esperienza, come stanno cambiando le città e come spiega la crescita d’importanza della vita e dello spazio pubblico?
Vita e spazio pubblico sono da sempre fondamentali per la città; ciononostante, ora più che mai i dati ne dimostrano l’impatto positivo sul benessere e sulla felicità delle persone. Con l’aumentare del volume di statistiche e indagini, sono sempre più i governi e le organizzazioni che favoriscono l’integrazione sociale, promuovendo attività in cui coinvolgere i cittadini e organizzando i luoghi per renderli sicuri e confortevoli agli occhi di chi vi abita e lavora. Programmare per i cittadini significa avere a cuore il loro benessere psico-fisico. Alcuni studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dimostrano che gli interventi su scala urbana volti, ad esempio, a favorire l’accesso alle aree verdi, possono migliorare le condizioni di salute, in particolare delle fasce sociali più basse. Promuovere la vita pubblica
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Architetto Montuori, qual è il suo bilancio di questo primo periodo da assessore di Roma? Nel corso di questi mesi ha iniziato a definire una lista delle priorità da affrontare?
Sono stati tre mesi molto intensi, dedicati proprio all’obiettivo di realizzare una mappa delle priorità e dello stato di attuazione di programmi che vengono da una lunga gestazione, cercando di capire come questi si possano integrare in una certa idea di città confluendo in programmi futuri, nelle politiche che vogliamo mettere in atto. Abbiamo innanzitutto le urgenze legate a procedimenti rimasti fermi per anni anche a causa del periodo di commissariamento del Comune di Roma: sono urgenze proprio perché vengono da storie di circa dieci-dodici anni, su cui gli investitori hanno particolare interesse e su cui il Comune ha creato in passato aspettative anche economiche; è giusto che ora arrivino a conclusione, cercando di recuperarne le parti migliori e rinegoziando laddove è necessario l’interesse pubblico che questi progetti devono realizzare. Penso ad esempio al progetto dei Mercati Generali, su cui - al pari di altri - Roma sta discutendo da anni. Un’altra situazione che merita attenzione è quella dell’edilizia residenziale pubblica. Sappiamo che a Roma coesistono una forte emergenza abitativa e un elevato numero di alloggi vuoti. La situazione non è chiara,
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di Paola Eugenia Falini
Ordinario di Urbanistica, Sapienza Università di Roma, Consulente scientifico del sito UNESCO “Mantova e Sabbioneta”, Direttore scientifico delle Linee Guida
e Patrizia Pulcini
Architetto, Specialista in Progettazione del Paesaggio, Coordinatore progettuale delle Linee Guida
*Call Tematica
Una fase di nuova sperimentazione sta interessando la progettazione dello spazio pubblico nel corso degli ultimi anni. Una fase nella quale i principi e le metodologie messe a fuoco negli anni precedenti hanno trovato importanti conferme ed approfondimenti ma in cui si sono fatte strada anche necessità di riconsiderazione generale delle pratiche precedentemente attivate con contributi di innovazione rilevante su gran parte dei temi coinvolti. In questo quadro di nuove formulazioni si evidenzia il riconoscimento crescentemente accordato allo spazio pubblico quale fattore qualificante la città ed insieme al suo ruolo determinante nei processi di rigenerazione urbana. Incentrata sulla nozione di spazio urbano come bene pubblico e al contempo come struttura relazionale primaria
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BARCELLONA, IL CASO STUDIO DELLA SUPERILLA (SUPERBLOCCO)
di Chiara Farinea
Architetto, urbanista e dottore di ricerca, responsabile dei progetti europei dello IAAC
e Mathilde Marengo
Architetto e dottore di ricerca, coordinatrice accademica e professore allo IAAC
Il design urbano svolge un ruolo fondamentale nel sostenere le esigenze dei cittadini, in particolare quando si concentra sullo spazio pubblico, teatro dello svolgersi della vita comune. Gli spazi pubblici di una città, le sue strade e le sue piazze, incarnano i flussi delle interazioni umane. Questi spazi dinamici costituiscono una controparte essenziale ai luoghi della routine, del lavoro e della vita domestica. Ci sono esigenze profonde che lo spazio pubblico può aiutare a soddisfare, diritti umani che attraverso di esso possono essere protetti, e valori culturali che esso trasmette. Nel corso degli ultimi tre decenni, la città di Barcellona ha dedicato molte energie a rimodellare il proprio spazio pubblico, sviluppando, attraverso diversi interventi nel centro storico, sul lungomare e in periferia, un modello di rigenerazione urbana riconosciuto in tutto il mondo. Le sue trasformazioni hanno dato forma alla transizione dalla città industriale alla città basata su terziario e tempo libero, diventando un esempio per tutta l’Europa.
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L’immaginario di New York è da sempre legato ad una elevatissima concentrazione e densità di persone, affari, scambi, eventi, architetture che ne hanno fatto la quintessenza della condizione metropolitana e di un paradigma per lo sfruttamento della congestione.La storia urbanistica di New York ha visto fin dalla sua origine una relazione controversa e complementare tra metropoli e natura: se da una parte la griglia di Manhattan dimostra la propria indifferenza alla topografia esistente e alla natura, ponendo le basi per la straordinaria densità newyorkese, Central Park e Coney Island sono gli spazi necessari
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SUK - Superkilen, 2012, Copenhagen
BIG Architects, Topotek1, SUPERFLEX
Superkilen è un masterplan nel quartiere di Nørrebro, a Copenhagen, ideato e sviluppato da BIG Architects in collaborazione con i paesaggisti di Topotek1 e gli artisti visivi di SUPERFLEX. Vincitore di un bando indetto dal Comune di Copenhagen assieme all’associazione Realdania, mirato al miglioramento degli standard di vita e più in generale alla riqualificazione di questo distretto dalla forte matrice multiculturale e teatro di sporadici episodi di violenza, Superkilen può definirsi un progetto a più mani non solo per il coinvolgimento di tre diverse realtà professionali, ma soprattutto per il contributo dei cittadini. Tramite canali mediatici e sociali, i residenti sono stati contattati per suggerire funzioni ed elementi di arredo urbano da inserire nel masterplan; un vero e proprio processo di partecipazione dal basso, sfociato nell’inserimento di oggetti di vita quotidiana provenienti da 57 nazioni (ossia il numero delle comunità etniche di Nørrebro), tra cui dissuasori da marciapiede dal Ghana,
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SET Architects
Lorenzo Catena, Onorato di Manno, Andrea Tanci
In un nuovo spazio urbano, una piazza sorta a seguito della realizzazione della stazione dell’Alta velocità, la città di Bologna ha scelto di collocare un monumento dall’alto valore simbolico, il Memoriale della Shoah, realizzato a seguito di un concorso internazionale su progetto di SET Architects. Il sito rappresenta un punto strategico nella maglia urbana, alle porte della prima periferia, immediatamente al di là del fascio dei binari ferroviari che separano questa parte di città dal centro storico. Ma, al tempo stesso, in prossimità del ponte che le collega. Si tratta di una periferia storica, consolidata, oggi
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ANOMIAstudio Architetture
Gianluca Nucci, Domenico Simone, Tiziano Testa
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Studio Transit
Gianni Ascarelli, Alessandro Pistolesi, Manuela de Micheli,
Sergio Vinci, Roberto BecchettI
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Un intervento a più mani, frutto della collaborazione tra l’artista romano Pietro Ruffo e lo Studio Kami Architects, ha ridisegnato - seppur temporaneamente - il volto di piazza Mignanelli nell’estate 2015. Tutto è nato dall’idea del committente, lo stilista Valentino, desideroso di riportare la propria sfilata di haute couture nella Capitale: una scelta dettata dall’importanza della città per la sua carriera (qui è nato professionalmente e ha mosso i primi passi nel mondo della moda), ma anche dalla volontà di inaugurare, per l’occasione, il nuovo flagship store su piazza di Spagna, firmato da David Chipperfield e sito a pochi passi
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Sono molto commossa nel ricordare qui, oggi, Vittoria, di cui sono stata collaboratrice ed amica.
Sono anche onorata di farlo a nome di tutti i colleghi del Dipartimento di Pianificazione dell’Università Sapienza, dove, dopo i primi anni a Napoli, Vittoria ha svolto con continuità la sua attività di professore di Urbanistica.
Naturalmente parlerò anche, e soprattutto, a nome del Collegio dei Docenti della Scuola di Specializzazione in Beni Naturali e Territoriali, erede della prima Scuola di Specializzazione in Arte dei Giardini e Progettazione del Paesaggio, fondata da Vittoria con l’obiettivo di provvedere anche il nostro Ateneo di un programma formativo specializzato, post laurea, fino allora offerto solo in università straniere.
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di Beatrice A. Vivio
Architetto, curatrice della mostra
La mostra su Franco Minissi si inserisce nel ciclo “Generazione ’15-’18”, che ha portato alla Casa dell’Architettura una serie di mostre e conferenze su architetti nati intorno alla Prima guerra mondiale, che si avviarono alla professione nell’Italia degli anni Quaranta, nel solco delle devastazioni del successivo conflitto mondiale. Dopo Giuseppe Perugini e Maurizio Sacripanti, sono stati esposti, appunto, i lavori di Franco Minissi, nato a Viterbo nel 1919, legato ai primi due da comuni istanze politiche e sociali, da esperienze condivise e anche da rapporti di amicizia. Ad accomunare i tre è anche una limitata conoscenza della loro produzione nel dibattito attuale sull’architettura. Per necessità di sintesi, si è scelto di esibire in mostra una selezione di disegni utili a far emergere la ricchezza grafica con cui Minissi comunicava le proprie idee progettuali e, soprattutto, la vastità delle scale dimensionali e degli oggetti su cui affrontò il dialogo fra passato e presente, anche a livello di progetti non realizzati. La produzione del suo studio (prolifico in molteplici settori: dalla museografia all’archeologia, dall’edilizia abitativa all’arredo degli interni e degli spazi urbani) è ben documentata in un fondo dell’Archivio Centrale dello Stato composto da oltre 60 faldoni di documenti e da circa 8.000 disegni, custoditi dall’attenzione vigile e paziente dell’architetto Nadia De Conciliis e costituiti in alcuni casi da composizioni su lucido realizzate con materiali che hanno ormai perso adesione e che necessitano talvolta di veri e propri interventi conservativi.
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di Lorenzo Bellicini
Direttore del Cresme
Il XXI secolo sarà di nuovo il secolo delle città. Secondo l’ONU oggi il 54% della popolazione mondiale vive nelle aree urbane; una percentuale destinata a salire al 60% nel 2030 e al 66% nel 2050. Nel Nord America vive in città l’82% della popolazione; questa percentuale salirà all’84% nel 2030 e all’87% nel 2050, mentre in Europa la popolazione urbanizzata raggiunge oggi il 74% e salirà al 77% fra tredici anni e all’82% nel 2050. Il XXI secolo vede una nuova fase nei processi di urbanizzazione: le economie emergenti attraversano una fase di crescita urbana di dimensioni senza pari nella storia, ma stanno tornando a crescere anche le città europee. Le stime dell’ONU o di Eurostat descrivono questo fenomeno nonostante il forte processo di invecchiamento della popolazione in atto in molte economie europee. Sempre secondo l’ONU, in Europa tra 2000 e 2014 il 77% delle 169 città con più di 300.000 abitanti ha visto crescere la popolazione; percentuale che nel 2030 salirà al 96%. A ben vedere, la crescita demografica nelle economie urbane europee (come nelle città vincenti delle economie avanzate) è dovuta prevalentemente all’attrattività legata alla qualità della vita e, soprattutto, alla capacità di offrire lavoro. Gli ultimi dati Eurostat relativi alle città spagnole, greche o del sud Italia, mostrano che la crisi economica colpisce le principali città dei paesi in crisi, innescando dinamiche demografiche recessive: il saldo migratorio rallenta o vira in negativo dove non c’è lavoro;
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di Francesca Arcuri e Federico Parolotto
Senior Consultant e Senior Partner MIC - Mobility in Chain
Storicamente e per decenni la pianificazione dei trasporti si è sviluppata su un binario parallelo e distinto da quello della pianificazione urbanistica, spesso ignorando gli impatti, da un punto di vista funzionale e morfologico, delle scelte relative alla mobilità rispetto al trasporto pubblico.
Con gli anni 2000, si è potuto assistere alla diffusione - almeno nelle città del mondo occidentale - di un nuovo approccio alla pianificazione; un approccio teso a privilegiare una visione olistica del contesto urbano e delle sue dinamiche, sino ad allora chiaramente pensati in un’ottica centrata sull’uso dell’automobile.
All’interno di questa nuova visione della pianificazione della mobilità, che guarda allo spazio urbano e agli elementi e utenti che vi si muovono come a un unicum complesso, le cui molteplici componenti vanno considerate interamente per la definizione di visioni sostenibili
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di Alessandro Cambi
Architetto
Con questo termine?Paul Virilio definiva negli anni Ottanta l’importanza crescente?del ruolo della velocità negli?equilibri?socioeconomici?della cultura contemporanea, anticipando?una visione?oggi?reale e concreta.? La velocità è?un’unità di grandezza?cresciuta costantemente con il progresso tecnologico, diventando un elemento primario dell’innovazione, indirizzata?verso la continua?ricerca di sviluppo del rapporto spazio-tempo. Siamo la “high speed society”, con modelli di vita caratterizzati dalla rapidità di movimento, comunicazione, produzione, generativi di una realtà in cui la velocizzazione tecnica ha?accelerato ogni fenomeno della vita sociale. La velocità è strettamente legata al movimento, che oggi costituisce uno degli elementi primari di cambiamento della scena urbana contemporanea.Parigi è da sempre uno dei luoghi di avanguardia della mobilità: dal 1900 con il primo impianto delle linee metropolitane, fino ad oggi, dove alimentando
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di Paolo Beria
Professore Associato, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani presso il Politecnico di Milano
La tendenza emergente nella pianificazione dei trasporti a livello urbano è quella basata sui PUMS, cioè i Piani Urbani della Mobilità Sostenibile. Essi superano l’approccio tradizionale di piano, introducendo, oltre ai concetti di sostenibilità, anche quelli di pianificazione integrata e valutazione delle politiche di trasporto adottate.La città di Milano ha intrapreso questo percorso già nel 2013, giungendo due anni dopo alla pubblicazione del Piano e alla sua condivisione con cittadinanza e stakeholder. Come si cercherà di mostrare in questo intervento, il PUMS milanese non è interessante solo per la dimensione del contesto e per l’ampiezza delle azioni previste, ma anche per alcuni aspetti più “procedurali” che lo pongono tra i punti di riferimento a livello nazionale per la nuova concezione del piano. Tra questi, la centralità della condivisione, l’uso pervasivo dei modelli di trasporto e della valutazione nella definizione delle scelte e l’ampiezza delle azioni considerate in maniera integrata.
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«Due milioni e 800 mila veicoli circolanti in città, quasi uno a testa per ogni abitante, che portano la Capitale a un tasso di motorizzazione di 978 mezzi ogni 1.000 cittadini, contro i 415 di Parigi e i 398 di Londra». Era l’allarme lanciato nel 2015 dall’ingegner Stefano Giovenali, Consigliere dell’Ordine degli Ingegneri di Roma. Sono passati quasi due anni, cosa è cambiato nel frattempo?
«Sono tempi troppo stretti per modificare un trend di questo tipo, di fatto non è cambiato nulla; tuttavia è un momento in cui la mobilità cittadina sta vivendo passaggi importanti come le decisioni sullo sviluppo delle linee metro. Sono poi allo studio le possibilità e le modalità per una politica sullo sviluppo pubblico di superficie, dai tram alle corsie preferenziali, e si stanno affacciando nuovi e interessanti servizi di mobilità».
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A vent’anni dalla sua ideazione, la “cura del ferro” è un programma ancora attuale e attuabile, che il suo promotore ripercorre e sostiene con forza come la possibile soluzione alle problematiche del traffico e della mobilità, ma non solo, che affliggono Roma e la sua area metropolitana.
Risale al 1996 la proposta del Comune di Roma nota come rete Metrebus 3x3, che prevedeva la realizzazione di tre passanti ferroviari regionali integrati con altrettante metropolitane urbane. Qual è stata la sorte di quel progetto? Si tratta di uno schema ancora attuale?
«Il progetto Metrebus 3x3 partì subito con l’attuazione di tre tratte ferroviarie, una per passante, ma dopo la realizzazione di quelle prime tre ferrovie è stato purtroppo abbandonato, e nessuna nuova opera è stata portata a termine né progettata. Oggi avremmo sicuramente le opportunità per riprendere e sviluppare quello schema.
L’Alta Velocità ha liberato dal traffico nazionale la vecchia linea tirrenica per Napoli, e la ferrovia fino a Gaeta potrebbe divenire una potente metropolitana regionale, a servizio dei pendolari e a sostegno di un diverso sviluppo dell’agro pontino. Ristrutturare la ferrovia, e in particolare la stazione di Torricola, risolverebbe i problemi di accessibilità al parco dell’Appia antica; inoltre, questa ferrovia potrebbe essere connessa con l’attuale ferrovia Roma nord andando a costituire il quarto passante, tra il nord e il sud della regione. I quattro passanti potrebbero rappresentare il telaio infrastrutturale della Regione capitale, compensando il deficit infrastrutturale accumulato in trent’anni di disseminazione edilizia».
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Enrico Milone ci ha lasciato. Una tristissima perdita per tutti gli organismi rappresentativi di noi architetti. Queste poche righe vogliono rendere omaggio a una persona che ha dedicato la propria vita alle Istituzioni, una figura di riferimento per tutti noi, sempre presente.
Parlare di un grande uomo, cercare di trasmetterne il carattere e la personalità, parlando della sua vita, anche se ci limitiamo a quella professionale, non è mai facile, soprattutto quando non c’è più. Le parole da usare sembrano sempre inadatte a esprimere la stima, il rimpianto e anche l’affetto. Ma come Ordine degli Architetti sentiamo l’esigenza di farlo, vogliamo parlare di Enrico, ricordarlo e onorarlo, idealmente tutti insieme.
Nel corso dei tanti anni che, da architetto militante, Enrico ha passato a servizio delle Istituzioni, si è fatto apprezzare dai molti che lo hanno conosciuto per la sua competenza, per la sua saggezza e per la sua rettitudine.
Quello che più colpiva era la serenità e l’equilibrio con cui affrontava ogni situazione, anche quelle più complesse e problematiche, sempre pronto al confronto, con in mente un’idea-guida che ha sempre portato avanti con lucidità e consapevolezza: la valorizzazione della figura dell’Architetto e del suo ruolo nella Società.
Ha partecipato attivamente, e con grande autorevolezza, alle nostre Istituzioni, anche in periodi molto complessi per la professione dell’Architetto; Enrico è e resterà una figura di riferimento per tutti gli iscritti e anche per chi, come noi, con diversi ruoli e in momenti diversi, ha ricoperto e ricopre cariche istituzionali, che lui prima di noi ha onorato.
Personalità originale, curioso e appassionato, amante della vita e della sua professione, era pronto a cogliere ed elaborare ogni segnale di innovazione, mettendosi continuamente in discussione; aveva mille risorse e mille passioni, coltivate con un’energia e una vitalità non comuni.
Fu lui il primo a portare gli architetti a confrontarsi continuamente con la realtà circostante; le sue battaglie istituzionali hanno segnato sensibilmente le stesse finalità dell’Ordine.
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Alla Casa dell’Architettura è in corso un ciclo di mostre-convegno sugli architetti della scuola romana nati negli anni della prima Guerra Mondiale. A quelle su Giuseppe Perugini (1914-1995) e Maurizio Sacripanti (1916-1996) seguiranno Federico Gorio (1915-2007), Mario Fiorentino (1918-1982) e Franco Minissi (1919-1996). Queste personalità sono state protagoniste dell’architettura di allora, ma il loro messaggio è ancora attuale. Eppure sono relativamente poco noti ai giovani architetti e quasi dimenticati dalle facoltà di architettura; anche se la loro attività progettuale era inscindibile dalla pratica del cantiere e da quella dell’insegnamento.
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Parlare di patrimonio significa parlare di città, storia, identità. Una città come Roma vanta un patrimonio stratificato e ricchissimo: edilizia residenziale pubblica e privata, scuole ed edifici per servizi (sociali, culturali, sanitari e commerciali); beni storico-artistici e archeologici monumentali (aree archeologiche, monumenti, musei, gallerie, teatri, edifici vincolati, ville storiche, cimiteri) ma anche beni confiscati alle mafie, strutture ed impianti.Questo lungo elenco ci mette davanti alla vastità degli ambiti di azione della nostra professione. Come architetti promuoviamo, nel rapporto con la pubblica amministrazione, ma anche con il privato, una gestione del patrimonio basata sulla trasparenza, semplificazione ed efficienza, attraverso l’attività creativa e la programmazione e gestione del processo di progettazione per favorire il riuso e la valorizzazione funzionale di quanto ereditato. La città di Roma vanta un patrimonio unico al mondo e, nonostante questo, i processi di valorizzazione, restauro e conservazione stentano a decollare.
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di Paolo Martegani
* Call Tematica
Il coinvolgimento emotivo è il tramite tradizionalmente usato per potenziare l’interesse verso le vestigia del passato, favorendo la percezione dello “spirito del tempo” emanato da quanto lasciato nei siti storici e archeologici da chi li ha abitati in precedenza. Ma anche per valorizzare luoghi monumentali che sono stati testimoni di un’epoca e/o di eventi importanti. A questo fine si sono utilizzati mezzi, progressivamente resisi disponibili, capaci di creare suggestioni. Le luci delle torce e delle fiaccole a olio sono tra i più antichi, ma hanno trovato largo impiego anche stimoli uditivi quali suoni, musica e voci umane. Recentemente hanno aggiunto espressività le videoproiezioni, talvolta gli ologrammi e ora le potenzialità del digitale rese disponibili dall’informatica. Per realtà aumentata (in inglese augmented reality, abbreviato AR), o realtà mediata dall’elaboratore, si intende l’arricchimento della percezione sensoriale umana mediante informazioni, in genere manipolate e convogliate elettronicamente, che non sarebbero percepibili con i cinque sensi (V. Di Bari, P. Magrassi, 2015 weekend nel futuro, Edizioni Il Sole 24 Ore, Milano 2005).La realtà aumentata integra quindi gli elementi fisici con elaborazioni digitali presenti in internet, abbinando all’esistente reale dei contenuti virtuali che trovano applicazione anche nella valorizzazione e promozione del patrimonio culturale. È possibile accedere all’AR da strumenti di uso comune, quali i telefoni cellulari; tra i diversi livelli di
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di Giovanni Tortelli, Roberto Frassoni
GTRF Architetti Associati
Solo da pochi anni si assiste a un rinnovato interesse dell’Architettura nei confronti dell’Archeologia, un tema per il quale i grandi maestri del ‘900 ci avevano lasciato la consapevolezza dei limiti dell’architettura a “rappresentare un’assenza”, ed è da questi presupposti, qui in Italia, che si gettano le basi per un serio confronto tra archeologi e architetti, per una progettazione consapevole, con l’obiettivo di realizzare, come frutto del confronto, architetture che conservano ma anche, e soprattutto, “rivelano”. Valorizzare i resti archeologici significa quindi cucire e riannodare relazioni perdute e solitamente “nascoste”, renderle esplicite attraverso un linguaggio riconoscibile nella contemporaneità, realizzando architetture capaci di ricomporre ed evocare le parti mancanti di un frammento.
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di Michele Trimarchi
Professore di Economia della cultura presso L’Università degli Studi di Bologna
Quanto conta il sistema culturale italiano? Il dilemma aleggia su convegni, discussioni e proclami d’ogni genere, soprattutto alberga scomodo nella vita quotidiana delle istituzioni e delle organizzazioni attive in campo culturale. Ora, anche immaginando di avere già risposto alle questioni cruciali (che cosa è lecito o possibile considerare “culturale”? come accettare che le tasse di molti sostengano il diletto di pochi?) molto rimane da chiarire.
Lunghi anni di interventi legislativi emergenziali e contraddittori, di stasi passiva e lamentosa da parte dei professionisti della cultura, di disattenzione nei confronti del paradigma economico e sociale emergente (in cui la cultura potrebbe svolgere un ruolo di fondo irrinunciabile) hanno consolidato la percezione condivisa di uno stato di emergenza permanente nel quale è sempre più complicato elaborare strategie, identificare orientamenti, costruire strumenti tecnici, scommettere su obiettivi specifici. Questa difficoltà è accentuata da alcune sacche di fragilità che segnano da tempo la cultura italiana,
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“Dove l’arte ricostruisce il tempo”, ricostruzione di una basilica paleocristiana nel parco archeologico Le Basiliche, 2016, Manfredonia (FG) Edoardo Tresoldi e Francesco Longobardi
Colonia romana a partire dal 194 a.C., l’antica Siponto era uno dei principali porti della seconda regione (Regio II) della Roma augustea. Oggi, nella provincia di Foggia, precisamente nel parco archeologico Le Basiliche a Manfredonia, lo scenografo Edoardo Tresoldi ha firmato un’opera permanente dal nome “Dove l’arte ricostruisce il tempo”, con la cooperazione di Francesco Longobardi, progettista e direttore dei lavori. Obiettivo dell’intervento la ricostruzione di una basilica paleocristiana e la contestuale protezione, fruizione e celebrazione dei resti archeologici, tra cui i mosaici a pavimento. Per l’occasione, è stata realizzata una struttura che ricrea le forme della chiesa a partire da una maglia metallica elettrosaldata; in tutto 4.500 metri quadrati per 7 tonnellate. Questo intervento, costato 900 mila euro, rientra nel progetto di restauro e riqualificazione del sito archeologico di Siponto, gestito dal Segretariato Regionale MIBACT per la Puglia e dalla Sovrintendenza Archeologica della Puglia e finanziato con fondi strutturali pubblici del Programma Operativo Interregionale (3,5 milioni di euro totali per il periodo 2007-2013). Quest’opera, alta 14 metri, rievoca la geometria della basilica nella sua ultima fase evolutiva. La chiesa, ripartita in tre navate,
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Vezio de Lucia, uno dei più grandi urbanisti italiani, ripercorre le tappe del progetto di Cederna sulle vestigia di Roma Antica, dall’eliminazione di Via dei Fori imperiali voluta da Mussolini fino alle famose domeniche pedonali. Una visione della tutela basata su un obiettivo ambizioso quanto imprescindibile: far diventare l’archeologia una componente vitale della città.
A vent’anni dalla scomparsa di Cederna, può essere utile ricordare il suo contributo al progetto per i Fori e l’Appia Antica. Può ripercorrerne brevemente le tappe?
«Antonio Cederna è stato un indiscusso protagonista del Progetto Fori Appia Antica messo a punto tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. Ci tengo a chiarire che il nucleo centrale del progetto riguarda lo smantellamento della Via dei Fori Imperiali che unisce piazza Venezia al Colosseo.
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Al contrario di tanti suoi colleghi non ha mai nascosto il suo sostegno alla riforma voluta dal Ministro Franceschini sulla tutela del patrimonio culturale, una scelta di campo che dopo 20 mesi dall’entrata in vigore continua a difendere. Alla guida della Soprintendenza Archeologica di Roma, una delle più importanti e ricche del Paese, con monumenti come Colosseo, Palatino, Foro, Domus Aurea e molto altro l’architetto Francesco Prosperetti spiega perché. Con esempi concreti di ciò che la riforma ha reso possibile e soprattutto di cosa si potrà fare in futuro. A partire dal ruolo dei privati.
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di Gianni Ascarelli
Il Terremoto è un qualcosa che il nostro paese deve introiettare come malattia endemica. Una malattia che sistematicamente e ciclicamente si presenta soprattutto nella “spina dorsale” dell’Italia. È come un fatto “genetico” che tocca ora qui ora li, mettendo a nudo la povertà tecnica del nostro insediato, di epoche anche recenti.
Eppure sui provvedimenti anti-sismici si sono succeduti un numero consistente di convegni e la “medicina” è nota; ci sono paesi che vi hanno provveduto ed adesso il fenomeno sismico è sotto controllo: in prima linea il Giappone. Convegni che sembrano siano stati più utili a produrre pubblicazioni per i diversi concorsi universitari che a mobilitare la popolazione: quando insegnavo all’Università degli Studi de L’Aquila ne ricordo almeno due; così come ricordo le scosse che hanno preceduto il sisma distruttivo, già di consistente entità. A L’Aquila il problema è stato doppio.
Prima, per il gran numero di studenti deceduti che frequentavano la facoltà di Ingegneria e il corso di Composizione Architettonica dove insegnavo e da ciò il dolore, la perdita di tanti giovani per le famiglie di origine e risorse intellettuali per il nostro Paese, che ne è sempre più privo; ricordiamoli insieme: Daniele Bortoletti, Giulia Carnevale, Davide Centofanti, Tonino Colonna, Angela Antonia Cruciano, Martina Benedetta Di Battista, Alessio Di Pasquale, Gabriele Di Silvestre, Vasileios Koufolias, Ivana Lannutti, Luca Lunari, Maurizio Natale, Gioia Piervincenzo, Ilaria Rambaldi, Rossella Ranalletta, Elvio Romano, Giustino Romano, Michele Strazzella, Vittorio Tagliente, Raffaele Troiani, Maria Urbano, Paolo Verzilli, Roberta Zavarella.
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di Irene Cremonini
Architetto, già dirigente della Regione Emilia Romagna in materia di prevenzione sismica nella pianificazione, responsabile del Gruppo di lavoro INU Vulnerabilità sismica urbana e rischi territoriali
L’Istituto Nazionale di Urbanistica INU ha sempre guardato con interesse alle ricostruzioni post-sismiche, storicamente condizionanti l’assetto di molti insediamenti italiani e, fin dagli anni Novanta, ha anche dedicato ricerche e pubblicazioni al possibile contributo della pianificazione alla riduzione preventiva del rischio sismico, tra l’altro costituendo, subito dopo il terremoto dell’Aquila, un apposito Gruppo di Lavoro (GdL).
Tra i vari argomenti da esso affrontati, dal 2014 c’è il sistema italiano di incentivazione fiscale degli interventi edilizi antisismici, di cui si vorrebbero ridurre alcune difficoltà di fruizione, soprattutto nelle aree storiche e nelle periferie meno recenti. Oltre che l’incertezza su continuità ed entità degli sgravi fiscali e la difficoltà di eseguire lavori di consolidamento in presenza di utenza ed in presenza di proprietà condominiali (problemi comuni a tutti gli ambiti), nelle aree di insediamento consolidato nel tempo si aggiungono la necessità di tecniche di intervento compatibili con le strutture ed i valori degli edifici; la difficoltà di indagare materiali e geometrie esistenti; la difficoltà di organizzare i cantieri , anche per la contiguità fra gli edifici.
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di Valter Fabietti
Professore ordinario di progettazione urbanistica presso il Dipartimento di Architettura, Università di Chieti - Pescara
Da circa 40 anni, dopo il sisma dell’Irpinia, si è fatta strada nelle discipline urbanistiche la consapevolezza che la protezione degli insediamenti dai terremoti non si può limitare alla sola messa in sicurezza degli edifici. La prevenzione urbanistica del rischio, a differenza di quella edilizia, si traduce in politiche atte a mantenere in vita le prestazioni che, normalmente, la città fornisce ai suoi abitanti. L’approccio territoriale considera dunque la comunità urbana sottoposta a rischio “nel suo insieme” e non come somma di singoli edifici, cercando di comprendere quali siano le azioni di prevenzione che possono ragionevolmente essere intraprese, rispettando i limiti imposti dalla disponibilità di risorse economiche e umane. Ci si riferisce qui al bilancio economico dell’ente pubblico che amministra il territorio considerato e, più in generale, alla capacità di spesa di quella collettività. Similmente, un piano di prevenzione a scala nazionale è sottoposto agli stessi vincoli.
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di Simone Ombuen
L’evento sismico che ha avuto avvio nella zona appenninica del centro Italia, e che è tuttora in corso, con gravi distruzioni sui versanti della catena dei Monti Sibillini verso Lazio Umbria e Marche e rilevanti risentimenti e danneggiamenti anche verso l’Abruzzo, ha vistosamente riaperto dinanzi all’opinione pubblica la rilevanza e la gravità di temi che il dominante chiacchiericcio mediatico usualmente costringe all’interno del dibattito fra gli esperti di settore. Non si tratta solo dei temi del primo intervento e della ricostruzione, pur assai problematici viste le dimensioni e la durata nel tempo dei fenomeni sismici, ma della necessità di inserire queste riflessioni nel contesto di una generale politica nazionale per le città e il patrimonio insediativo, che assuma come orizzonte il tema dei rischi, vecchi e nuovi, ai quali il patrimonio edilizio nazionale è in misura crescente esposto.
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di Pier Federico Caliari
Direttore dell’Accademia Adrianea Curatore del Piranesi Prix de Rome
Un tema delicatissimo, ancora scottante. La strada più bella del mondo torna ad essere oggetto di una consultazione pubblica 82 anni dopo l’ultimo celebre concorso bandito su quella stessa area, che per la prima volta rivedeva - tutti insieme - i grandi monumenti della Roma Imperiale. Allora c’erano Terragni, Libera, Moretti, BBPR, Ponti, Ridolfi, Foschini, Del Debbio. Oggi ci sono, tra gli altri, Chipperfield, Linazasoro, Consuegra, Paredes e Pedrosa, Amann Cánovas Maruri, Purini, Valle, Franciosini, Petrachi, Andriani, Tortelli e Frassoni, ABDR, n!studio. All’epoca non ci furono vincitori ma alcuni progetti rimasero nel tempo come autentiche icone del pensiero della modernità fascista in architettura. Oggi, diversamente da allora, una giuria si è espressa, ma analogamente a quel tempo lontano, è l’insieme dei progetti a dare sostanza di contenuto all’esperienza di ricerca e di progetto che ha animato il Piranesi Prix de Rome 2016 e la sottesa Call Internazionale di progettazione per Via dei Fori Imperiali.
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Gli spazi esterni sono un elemento sempre più rilevante in architettura. Grazie all’affinamento delle tecniche di progettazione e delle tecnologie, possono essere considerati come vere e proprie estensioni degli ambienti residenziali e commerciali. Una caratteristica preziosa per architetti e imprese che devono confrontarsi con spazi a volte esigui rispetto alle richieste o che lavorano in contesti in cui l’outdoor, se ben sfruttato, può migliorare il comfort o, addirittura, costituire il valore aggiunto di un intervento.
In quest’ottica, Corradi si propone come partner qualificato e competente nella progettazione e produzione di sistemi ombreggianti. L’azienda, sul mercato da quasi quarant’anni, si impone come brand dal design italiano che associa a uno spirito di ricerca continua un importante bagaglio di esperienza sul campo.
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Molto prima che l’inchiesta su mafia capitale riempisse i titoli principali di quotidiani e telegiornali, il giornalista di Report Paolo Mondani aveva denunciato il malaffare diffuso a Roma, tra scandali, tangenti, collusioni con la malavita organizzata. A lui abbiamo chiesto di fare il punto sul sistema che governa oggi l’edilizia pubblica nella Capitale, sui danni della corruzione e sulle Olimpiadi che verranno. La risposta è un’analisi impietosa e poco confortante. “Nella migliore delle ipotesi, per uscire da questo stato di cose, ci vorranno almeno dieci anni e un lavoro di lunghissima lena” avverte.
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“Non faremo niente di più né di diverso da quel che può servire alla città”. È quanto assicura il presidente del Coni, Giovanni Malagò, in merito alla candidatura della Capitale ai Giochi olimpici, tracciando la mappa di un’ipotetica Roma 2024, tra interventi di riqualificazione e nuove costruzioni.
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A un anno dall’annuncio della sede prescelta dal Comitato Internazionale Olimpico per i Giochi Olimpici del 2024, il presidente del comitato promotore Luca Cordero di Montezemolo fa il punto sulla candidatura della Capitale e spiega perché è un’opportunità da non perdere. «Il nostro obiettivo - dice - è pensare, con tutte le forze in campo, allo sviluppo della città e alla sua necessaria riqualificazione. Roma ne ha urgente bisogno e la sfida delle Olimpiadi è una straordinaria occasione anche sotto questo punto di vista».
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Laura Galimberti, architetto, con alle spalle una lunga esperienza nell’edilizia scolastica locale, dal 2014 coordina la struttura di missione per il coordinamento e l’impulso nell’attuazione di interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Un piano iniziato da Enrico Letta con il famoso “decreto del Fare” e poi ripreso da Matteo Renzi con i tre filoni di #scuolebelle, #scuolenuove e #scuolesicure, con tanto di hashtag. Ecco il bilancio di quanto è stato fatto nei primi due anni (e di cosa resta da fare).
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di Angelo Spampinato
Architetto, Direttore Associato di AECOM
Dopo aver viaggiato da Olimpia attraverso l’Oceano Atlantico, nel mese di agosto la fiamma Olimpica è giunta a Rio de Janeiro per illuminare la XXXI edizione dei Giochi Moderni, la prima a svolgersi in Sud America.
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di Sandy Attia, Matteo Scagnol
MoDusArchitects
Vi è sintonia tra la formazione, come obiettivo didattico-educativo della scuola, e la volontà di dare forma alla scuola quale traguardo dell’architettura. Di fatto per dare forma alla scuola è necessaria la volontà e la sinergia di molte figure, che ruotano intorno alla ricerca di un rapporto nuovo e prolifico tra architettura e pedagogia.
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di Vanessa Pallucchi
Responsabile Nazionale Legambiente Scuola e Formazione
La programmazione innanzitutto
Dall’osservatorio di sedici anni di redazione di Ecosistema Scuola, l’indagine di Legambiente sulla qualità dell’edilizia scolastica e dei servizi riferita alle città capoluogo di provincia, rileviamo una sostanziale staticità dei macro problemi che riguardano l’edilizia scolastica, che indica una debole efficacia delle politiche messe fino ad ora in atto.
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di Giovanni Maria Benucci
Amministratore Delegato di Fabrica SGR
Il comparto delle residenze universitarie private sta vivendo già da alcuni anni un’importante fase di crescita e, nel prossimo futuro, è destinato a costituire un elemento di sviluppo del settore immobiliare.
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di Daniela Proietti
Sono anni che si parla di semplificazione, informatizzazione, sburocratizzazione, dematerializzazione, tramite annunci e proclami da parte delle alterne amministrazioni che il più delle volte sono rimaste parole “sulla carta”.
Abbiamo assistito a vari interventi legislativi che si sono susseguiti, tutti con l’obiettivo dichiarato dello snellimento procedurale, ma il quadro normativo attuale è ancora un intreccio di norme e regolamenti che non hanno portato ai tanto auspicati benefici.
Basti ricordare i numerosi titoli edilizi tutt’ora vigenti: interventi liberi, CIL (comunicazione di inizio lavori), CILA (comunicazione inizio lavori con relazione tecnica asseverata), SCIA (segnalazione certificata di inizio attività), DIA (denuncia di inizio attività), DIA onerosa, Permesso di Costruire, una vera inflazione di procedure nate per semplificare, ma destinate a complicare il sistema.
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L’area di trasformazione urbana Porte des Lilas a nord est di Parigi si articola a partire dalla copertura di una porzione del Boulevard Périphérique, confine fisico e percepito tra la città storica e l’area metropolitana esterna. Non solo in questo caso si tenta di superare questa semplificazione, ma l’infrastruttura si trasforma da barriera in spazio di connessione tra la città e i paesi limitrofi di Pré Saint Gervais, Les Lilas e Bagnolet.
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Il complesso scolastico Don Filippo Rinaldi si trova all’estremità sud-orientale di Roma, in una parte di città compresa tra il tessuto urbano denso e compatto di via Tuscolana e Cinecittà e il parco dell’acquedotto. Insieme ad altri servizi allineati su via Lemonia, la scuola contribuisce a definire una fascia di filtro tra città e parco.
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Inaugurato nella primavera del 2016, l’ospedale del Mare di Napoli si sviluppa nella parte orientale dell’area metropolitana partenopea, tra il centro di Ponticelli e il rione lotto Zero a ridosso della circumvesuviana. Il nuovo centro ospedaliero, pianificato per essere struttura all’avanguardia all’interno del sistema sanitario napoletano, assume all’interno di uno dei quartieri più difficili di Napoli un importante ruolo di riqualificazione, diventando l’auspicato volano della rigenerazione di un’ampia parte di città.
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Il progetto di un centro sportivo, sia esso tra le ville di una città-giardino così come tra le palazzine residenziali di una qualsiasi periferia urbana, assume in entrambi i casi un ruolo centrale all’interno del quartiere che lo ospita. Lo studio di architettura romano LAD - Laboratorio di Architettura e Design - conta tra i progetti realizzati strutture per il tempo libero e per lo sport: l’ultimo è il Supreme Sport Village, nella parte orientale di Roma presso il quartiere Tor Sapienza.
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L’Architetto giapponese Yoshio Taniguchi, una delle figure più influenti nel panorama internazionale della cultura architettonica museale, ha ricevuto il Piranesi Prix de Rome alla carriera, giunto quest’anno alla sesta edizione.
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di Alessandra Orlandoni
Architetto, giornalista, critico, curatrice della mostra
Noises on è il titolo della sezione architettura della mostra dedicata a Will Alsop dalla Casa dell’Architettura di Roma. Curiosità, passione, e una profonda dedizione all’architettura quale motore e strumento del cambiamento sociale e del miglioramento dell’ambiente costruito, hanno guidato la sua visione che dal contesto londinese si è via via allargata fino a toccare, sia con importanti realizzazioni sia attraverso proposte sperimentali, diversi Paesi del mondo, fino ad approdare alla Cina, dove ha realizzato, ed ha attualmente in corso, progetti urbanistici di nuova concezione così come singoli edifici.
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Nella lunghissima carriera di Pier Luigi Nervi (1891-1979) la ricerca sugli impianti sportivi è un filo rosso mai interrotto: dal primo stadio realizzato a Firenze nel 1929 al Kuwait Sports Centre del 1968, 22 progetti e le loro storie costituiscono la mostra Pier Luigi Nervi. Architetture per lo Sport a cura di Micaela Antonucci con Annalisa Trentin e Tomaso Trombetti dell’Università di Bologna, in corso al MAXXI fino al 2 ottobre 2016.
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Riunire le eccellenze legate al mondo dell’architettura e del design e soddisfare i desideri della clientela, attraverso un’offerta dinamica e personalizzata. Questa la mission di Luxury Windows Italia, realtà a capo di un network aperto di aziende specializzate nella fornitura di prodotti quali infissi, porte, arredi, scale, finestre, pavimentazioni, sistemi di illuminazione e molto altro.
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La costante evoluzione dell’interior design induce le realtà imprenditoriali legate al settore a rispondere conformemente, “alzando l’asticella”. Ciò significa garantire soluzioni tanto sostenibili (da un punto di vista economico e ambientale), quanto diversificate rispetto alla tipologia di spazio che si intende arredare e del cliente con cui ci si andrà a interfacciare.
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Tutto è partito nel 1976, quando il fondatore del gruppo Gianluigi Marchi ha mosso i primi passi nel settore delle cucine fondando l’omonima azienda e proponendo, qualche anno dopo, il primo modello chiamato Doralice. Da allora sono passati quarant’anni, ma l’impronta è rimasta la medesima. La sensibilità verso le tecniche di lavorazione più raffinate e l’estrema cura nei confronti del dettaglio hanno, infatti, da sempre contraddistinto la Marchi Cucine.
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Nata a Münsingen, nei pressi di Berna, la USM è un’azienda specializzata in sistemi modulari di arredamento. I suoi prodotti sono il riflesso e la prova tangibile della filosofia che da sempre la contraddistingue, ovvero adottare uno schema ben delineato, aperto al cambiamento, alla crescita e alla flessibilità.
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Il tema dell’Abitare è uno dei temi più ricorrenti in architettura: ciclicamente diventa protagonista del dibattito contemporaneo dopo periodi di assenza e trascuratezza. Oggi la nuova emergenza abitativa, da un lato, e la grande quantità di residenziale invenduto sul mercato, dall’altro, hanno concretizzato una rinnovata attenzione e la “casa” sta tornando a essere un tema centrale del dibattito architettonico.
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«Io vado a prendere i bambini a scuola e tu fai la spesa anche per me. Io innaffio le piante in agosto, tu pensi al mio gatto quando sono in ferie». Un tempo erano gesti di buon vicinato, oggi è il co-housing, che da qualche anno anche in Italia sta prendendo sempre più piede. Ma perché funzioni occorre creare «una cultura della condivisione». Di questo si occupa Liat Rogel, ricercatrice israeliana, che da tre anni ha dato vita a HousingLab, associazione milanese creata allo scopo di diffondere le buone pratiche nell’ambito dell’abitare sociale e collaborativo.
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«Se è stata definita emergenza abitativa ci sarà un perché». Franco Mazzetto, architetto romano, nuovo direttore generale dell’ATER del Comune di Roma, ci scherza sopra. Eppure lo sa bene che il compito cui è stato chiamato da gennaio 2016, quello di guidare l’agenzia, è una delle sfide impossibili della Capitale. E che non c’è niente da scherzare. «Sono 7-9.000 i nuclei familiari già presenti nelle graduatorie in attesa di una casa; a questa già ingente cifra se ne aggiungono almeno altri 1.200 che necessitano di assistenza abitativa, ovvero quello che comunemente si chiama il buono-casa» chiarisce subito. Numeri importanti che in realtà rappresentano solo la punta dell’iceberg. Le graduatorie, infatti, per loro stessa natura tengono conto solo dei nuclei familiari ai quali va aggiunto un esercito di single, separati, stranieri, studenti.
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di Susanna Clemente
* Call Tematica
Una casa che risponda istantaneamente ai nostri desideri, spazi mutevoli, pareti scorrevoli che creino e ricreino la disposizione più adatta e conveniente, arredi riconfigurabili, controllo, risparmio energetico e delle risorse sono solo alcune delle voci che descrivono i transforming apartments. Letteralmente gli appartamenti che si trasformano, sintetizzano le maggiori innovazioni meccaniche e tecnologiche, divenendo a tutti gli effetti responsivi, anche grazie a opportune interfacce.
I modi dell’abitare sono mutati nei secoli più o meno rapidamente al variare delle esigenze, semplici o complesse che fossero, ma l’accelerazione ultima cui assistiamo è tale da generare nuovi interrogativi e conseguenti risposte. A che velocità cambiano i nostri bisogni? E se queste variazioni avvenissero anche nell’arco di una sola giornata o perfino nel giro di poche ore o minuti? Può lo spazio casa farvi fronte? E se sì, in che modo?
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Carmelo Baglivo, Carlo Prati e Beniamino Servino hanno realizzato 12 disegni di grande formato per la sala centrale della Casa dell’Architettura di Roma in occasione della mostra Atlantide curata da Giorgio de Finis. Tre ricerche teoriche per immagini si confrontano sul tema della scomparsa della città e della prefigurazione architettonica nell’epoca della modernità liquida.
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Indagare il tema dell’Abitare a Roma significa scontrarsi con una serie di paradossi e contrapposizioni. Secondo i dati pubblicati periodicamente dalll’Agenzia delle Entrate, le compravendite nel settore residenziale hanno mostrato un calo costante dal 2006 a oggi, con l’unica eccezione degli anni 2010 e 2014, in cui sono state registrate crescite che non hanno però riportato i numeri vicini a quelli degli anni precedenti la crisi economica. Dal 2005, infatti, le transazioni immobiliari riguardanti le abitazioni sono scese nella Capitale da 68.234 alle 38.466 del 2014. Nel 2007 gli appartamenti costruiti nella città di
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La società contemporanea sta vivendo una profonda trasformazione determinata dalla diffusione pervasiva delle Tecnologie dell’Informazione (IT) che stanno modificando radicalmente il modo di vivere, lavorare, produrre documenti e scambiare informazioni. Profondi mutamenti si sono già innescati anche nell’industria dell’ambiente costruito, dovuti all’impiego delle IT o ITC (Information Technologies in Construction): l’elemento più evidente di questi mutamenti è sintetizzato dall’acronimo BIM, che sta sia per Building Information Model sia per Building Information Mode(l)ling. Il termine ha assunto una grande popolarità e diffusione a livello internazionale e si sta progressivamente diffondendo anche in Italia, offrendo nuove prospettive per il settore delle costruzioni e suscitando grande interesse tra gli attori coinvolti.
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A partire da questo numero, AR dedica una sezione al tema dell’innovazione. Non a caso. Siamo infatti convinti che si tratti di una questione molto importante per il momento storico attraversato dal nostro mestiere in Italia: basti ricordare che innovare, a giudizio di molti osservatori, costituisce la principale strategia anti-crisi e che se ciò è vero in generale, lo è, in particolare, per la sfera della progettazione e dell’industria delle costruzioni. Va detto subito che innovare non va confuso con il gusto acritico per la novità gratuita e fine a se stessa. Non tutte le nuove idee sono necessariamente delle buone idee. Secondo Vittorio Gregotti, nell’opera Tre forme di architettura mancata,
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Il lavoro condotto sui progetti di Terragni per Roma, promosso e finanziato dalla Casa dell’Architettura di Roma, presso la quale è stato esposto da maggio a dicembre 2015 per poi rendersi itinerante (in ragione della struttura video e digitale del suo impianto), si offre a molteplici letture a seconda del differente punto di vista dal quale l’esito di questa corposa attività di ricerca viene osservata e analizzata. Letture che assumono, di conseguenza, diversi significati; tuttavia, tutte queste possibili chiavi di lettura sono figlie di un approccio di base che pone come riferimento la categoria dell’interpretazione. Il primo dei significati possibili è legato all’impegno finalizzato
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Binacci Arredamenti, fondata a Roma nel 1948, associa alle sue lontane radici - sinonimo di consolidata esperienza, elevato bagaglio professionale e affidabilità - l’impronta moderna e innovativa data dal Cav. Giuseppe Binacci, figlio del fondatore Alfredo e oggi alla guida del marchio. L’azienda offre una selezione di marchi di alta qualità nel panorama del design italiano e mette al servizio del cliente tutta la formazione e preparazione del suo staff di architetti e arredatori, presente nei suoi cinque showroom. Binacci Arredamenti assicura competenza nella progettazione, affidabilità e qualità, con proposte d’arredo “sartoriali”, calibrate sulle esigenze del singolo committente non solo a livello estetico,
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Attiva sul territorio capitolino dal 1962, Baltera conta oggi su tre showroom per la vendita e la posa di porte, finestre, verande e qualsiasi tipo di serramento. L’azienda rivolge la propria attività sia verso il privato, sia verso il mondo della progettazione. Baltera fa della posa un aspetto determinante nell’intervento, considerandola la propria “firma” e certificandola secondo le indicazioni dell’istituto tedesco ift Rosenheim. L’azienda, consapevole di quanto il mercato sia prevalentemente incentrato sulla ristrutturazione,
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Nata nel 1936, specializzandosi nel settore delle forniture e delle pose in opera dei materiali, l’azienda 175A DEANGELIS ha consolidato nel tempo la propria presenza sul mercato, ampliando in maniera costante sia il proprio raggio d’azione sul territorio romano, sia la gamma di prodotti in vendita.
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Nel cuore di Roma, in prossimità di Piazza San Pietro, la Serramenti Dinamici si pone come azienda di riferimento nel mercato dei serramenti, sia per l’utente privato sia per il professionista. Questo perché conta sul proprio punto rivendita capitolino, ma anche su un sito di produzione a Rieti, che abbina all’area di fabbricazione di 1.000 mq uno spazio espositivo di 350 mq. Questa “duplice veste” le consente infatti di rispondere alle più diverse esigenze della clientela con soluzioni altamente
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Fra gli aspetti emblematici dell’architettura e della città contemporanea è la complessità. Non a caso, dunque, anche la nostra attività professionale ne ha raggiunto livelli impensabili fino a solo qualche decennio fa (peraltro, difficilmente simulabili all’interno delle scuole di architettura). Come abbiamo avuto più volte modo di osservare, anche dalle pagine di questa rivista, il progetto contemporaneo è frutto di un lavoro interdisciplinare articolato, portato avanti da gruppi dalle competenze miste di carattere tecnico-manageriali, spesso purtroppo asserviti alla burocrazia, alla politica e ai poteri economici. Tali gruppi includono progettisti diversi, strutturisti, impiantisti,
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Oggi economia e società richiedono con forza un nuovo approccio al progetto del territorio, della città e degli edifici: un approccio capace di prospettare nuovi stili di vita più corretti dal punto di vista ecologico e attenti alla conservazione delle risorse di un pianeta ormai al collasso. Ci troviamo, di fatto, agli esordi di un’auspicata trasformazione dei modelli di sviluppo urbano che basa sul concetto di rete (energetica, sociale, informativa e informatica) la sua evoluzione. Il dibattitto internazionale ragiona sulle potenzialità offerte dall’integrazione di fonti di produzione energetica diffusa e rinnovabile - ad esempio attraverso la realizzazione di numerosi
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Il rapporto tra mobilità e nuove tecnologie è una delle sfide più impegnative nell’attuale sistema di viabilità nelle città. La congestione permanente nelle nostre aree urbane è ormai una seria minaccia per la qualità della vita e il tempo perso a causa del traffico costa ogni anno in Italia oltre 40 miliardi di euro. Inoltre si stima che gli italiani spendano una media di quasi 500 ore l’anno in auto per muoversi in città. Problemi che in parte potrebbero essere risolti grazie a un utilizzo
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«Quanto sta accadendo a livello urbano è simile a ciò che è accaduto vent’anni fa nella Formula Uno. Fino ad allora il successo su un circuito era attribuito principalmente alla meccanica dell’auto e alle capacità del pilota. Poi si è sviluppata la telemetria. L’auto è stata trasformata in un computer monitorato in tempo reale da migliaia di sensori, diventando “intelligente” e più flessibile nel rispondere alle condizioni di gara». Parola di Carlo Ratti, ingegnere, architetto e direttore del MIT Senseable City Lab di Boston,
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Lusail è una delle città emergenti del Golfo, frammento del massiccio sviluppo urbano di Doha, è il luogo dove l’ICT e le nuove tecnologie applicate alla sostenibilità sembrano trovare un terreno estremamente fertile: una vera città del futuro. Nonostante lo scetticismo e il percorso di sviluppo poco sostenibile intrapreso dal resto della regione, la città di Lusail sembra essere una brillante eccezione: si prevede che, a pieno regime, sarà la più grande città al mondo in
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Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, numerose città europee tra cui Malmö, Copenaghen, Helsinki, Friburgo, Amsterdam, hanno orientato parte della loro pianificazione urbana ai quartieri ecosostenibili o eco-quartieri. La dismissione industriale degli anni Ottanta, da una parte ha svuotato numerosi e ampi spazi all’interno delle città, dall’altra ha evidenziato il bisogno di un nuovo modello di sviluppo economico, sociale e ambientale cui riferirsi. I quartieri Bo01 di Malmö,
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Al di là della loro temporaneità, Olimpiadi, esposizioni universali e altri grandi eventi rappresentano un catalizzatore di investimenti e trasformazioni per la città ospitante, individuando o rafforzando nuove traiettorie di sviluppo. Pur avendo gli eventi una durata limitata, le implicazioni ad essi legate coinvolgono un tempo molto più ampio, sia nella fase di preparazione sia, soprattutto, negli effetti a lungo termine. La legacy, ovvero l’eredità materiale e immateriale che si deposita sul territorio,
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Immaginare e definire una città intelligente non è mai banale. In generale, si fa riferimento a elevati standard di qualità della vita, espressione olistica che presuppone un alto grado di sostenibilità, sicurezza e vivibilità. Si tratta dunque di uno spazio urbano dove ci si muove in maniera più agevole e ragionata - risparmiando tempo e non danneggiando l’ambiente - e dove le risorse vengono ottimizzate e messe a disposizione di tutti anche attraverso un’attenta gestione, digitalizzazione e condivisione delle informazioni.
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Progettista: Andrea Giunti, Marta Del Campo e Alessandra Scalone
Committente: Società Cooperative Edilizie Delle Statue e Bel Poggio
Costruttore: I.C.E.V. Srl
Superficie costruita: 1.800 m² per palazzina (3.600 m² totali)
Data di completamento: 2009
Destinazione d’uso: Edilizia sociale convenzionata a fini residenziali
Tipo di intervento: Nuova realizzazione
Localizzazione: Via Raffaello Liberti (oggi Via Cardinale Luigi Traglia)
Fotografie: Davide Virdis, courtesy of Andrea Giunti, Marta Del Campo e Alessandra Scalone
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Si è recentemente conclusa a Roma, con il convegno “Paesaggio Italiano 3.0: Cultura, Ambiente, Economia”, la mostra itinerante “LAND25+1 Omaggio al Paesaggio Italiano”, presso la Casa dell’Architettura, organizzata dal gruppo di professionisti LAND - Landscape Architecture Nature Development, che opera nel campo dell’architettura del paesaggio, per celebrare 25 anni di lavoro e ricerca. Dopo le edizioni di Milano, Venezia, Torino e Mosca l’esposizione è approdata a Roma, nella prestigiosa sede della Casa dell’Architettura, con il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali, del Ministero dell’Ambiente, di ANCI, ANCE, Roma Capitale e Ordine degli Architetti di Roma.
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Da oltre trent’anni, l’Arredatheta si dedica alla progettazione e alla realizzazione chiavi in mano di arredamenti, vantando una comprovata esperienza in particolare nel settore hotellerie.Le capacità, le competenze e la cura con cui viene portato a termine ogni progetto sono parte del modus operandi dell’azienda, capace di distinguersi non solo per la qualità dei prodotti, ma anche per competitività di mercato, tempestività e spiccata sensibilità nell’ascoltare le esigenze della clientela.
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Gli arredamenti Corridi raccontano una filosofia progettuale fondata sulla precisa volontà di fornire un prodotto di elevata qualità, che assicuri il benessere dell’utente e la tutela ambientale. Gli alti standard del marchio sono il riflesso di un bagaglio di esperienza pluridecennale, una radicata presenza sul territorio capitolino e un solido rapporto di consulenza con designer, istituti di ricerca e centri di collaudo. L’azienda, certificata con sistema di qualità UNI EN ISO 9001:2000,
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Forte di un’esperienza di oltre 25 anni nel settore dei serramenti, ALLART è oggi un’azienda che abbina una costante ricerca per l’innovazione a un know-how figlio di una tradizione artigianale. Le garanzie tecniche, comprovate dalla certificazione di qualità ISO 9001 ottenuta nel 2007, si accompagnano all’attenzione con cui il cliente viene supportato sia nelle fasi di pre e post vendita, grazie al servizio di customer care, sia per eventuali interventi successivi all’installazione, con il servizio di assistenza tecnica.
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Domus Marmi, venditore diretto di travertino romano, rivestimenti naturali, ceramici, ricomposti, parquet e laminati, ha recentemente inaugurato il suo nuovo showroom, una esposizione curata e razionale dove clienti, rivenditori e progettisti vengono guidati nella scelta dei materiali in grado di rispondere al meglio alle loro richieste. All’interno dello showroom, una sezione interamente dedicata alle superfici sinterizzate Neolith by TheSIZE offre la possibilità
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Il recupero del patrimonio architettonico e urbano della nostra città costituisce un tema prioritario per l’Ordine degli architetti di Roma. Si tratta di un ambito sul quale le aspettative di progettisti, investitori, costruttori, amministratori e cittadini sono comprensibilmente alte e sul quale il nostro impegno e la nostra attenzione devono essere massimi. Dal punto di
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Il Padiglione Italia costituisce un nucleo architettonico di riferimento, all’interno del tessuto dei padiglioni nazionali di Expo 2015, assemblando un insieme che si compone del Palazzo Italia e degli edifici espositivi temporanei correlati. Al limite nord del Cardo, l’asse fondamentale nord-sud che con il Decumano (l’asse est-ovest) forma la struttura ortogonale di regolazione urbana nell’area dell’Expo 2015, l’architettura di Palazzo Italia unisce caratteri simbolici a tensioni sperimentali.
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Il progetto di ristrutturazione e riconfigurazione del Palazzo ex Unione Militare, all’angolo fra via del Corso e via Tomacelli, assume una rilevanza paradigmatica. Metodologia e tecnica si uniscono nel definire valutazioni complesse ed articolate. Introdurre coerenze progettuali ed operative in un sistema compositivo che riconosce valori interconnessi fra conservazione delle facciate perimetrali, demolizione delle strutture interne e ricostruzione di un nuovo assetto architettonico e strutturale, in cui risalta l’impiego di travi e pilastri in acciaio. Programmare indagini archeologiche,
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Progetto di allestimento per ristoranti, nell’identificare la riconoscibilità internazionale di un marchio e della qualità italiana nel cibo, in luoghi e contesti differenti: Obicà è un sistema di relazioni e di componenti, di materiali tipizzanti, di capacità espositive per presentare nei luoghi di ristorazione il prodotto “cibo italiano”, in particolare la mozzarella di bufala, nei suoi singoli elementi
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Il recupero e la trasformazione dell’edificio in via Urbana 152 a Roma, per una destinazione d’uso residenziale ad alto livello qualitativo, comporta operazioni preliminari d’indagine archeologica e l’assunzione di conoscenze: la centralità e la storicità della zona, nei pressi di Santa Maria Maggiore, si riscontrano nel ritrovamento di vestigia dell’età imperiale romana (residui di murature di un’insula databile fra il II e il III secolo d. C.), e di reperti (stampi in gesso, vasi in biscuit...) provenienti dal deposito-laboratorio dell’incisore Giovanni Trevisan detto il Volpato,
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Questo secondo numero di AR si propone di riunire punti di vista, esperienze in corso e realizzate, progetti urbani e architettonici su di un tema comune che riteniamo rilevante tanto sul piano culturale, politico e sociale, quanto sul piano operativo della prassi del fare architettura: il tema del recupero delle aree urbane e dei manufatti architettonici. Sostenuto dalla recente attenzione alla Legge sul consumo di suolo, in fase di approvazione, che riconnette il mantenimento del patrimonio naturale alla necessaria promozione di operazioni di rigenerazione urbana,
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Sette casi di infill architettonico tra Italia ed Europa
L’intervento sulla città contemporanea si confronta oggi con una duplice problematica: da una parte la necessità di limitare il consumo di risorse sia fisiche, in termini di suolo, sia economiche, in un periodo di crisi prolungata; dall’altra, l’urgenza di recuperare e rigenerare ampie parti di città ereditate dal passato.
La concomitanza di queste criticità incoraggia l’emergere di nuove opportunità e strategie di azione: la densificazione e la riqualificazione di alcune aree della città esistente permettono una crescita urbana senza il consumo di nuovo suolo, piccoli interventi diffusi e mirati possono risultare più efficaci di ampi e ingenti programmi di sviluppo urbano.
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Rigenerazione urbana diffusa: il caso di Aurora - Rossini
Dalla seconda metà dell’Ottocento fino agli anni Ottanta del Novecento, l’industria ha strutturato, da un punto di vista economico, sociale e spaziale le città europee. A Torino più che altrove, ha lasciato sul territorio un’eredità importante influenzando la morfologia e il carattere delle differenti parti di città in cui si è insediata.
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Il Programma Unitario di Valorizzazione Territoriale e i patrimoni immobiliari interessati
di Agenzia del Demanio
Direzione Centrale Strategie, Progetti di Valorizzazione e Partecipazioni
Il Programma Unitario di Valorizzazione Territoriale bolognese nasce dalla volontà di avviare una collaborazione istituzionale pubblico-pubblico per attivare un processo unico di valorizzazione dei patrimoni immobiliari pubblici, ex militari ed ex ferroviari, presenti sul territorio comunale. I compendi interessati dal PUVaT sono 18 e occupano un’area urbana pari a circa 1 milione di mq, quasi un quarto della superficie del centro storico bolognese, con un valore stimato di oltre 300 milioni di euro.
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Prendere una città come riferimento, identificare un altro scenario urbano simile e operare un raffronto oggettivo a 360 gradi sono già di per sé operazioni complesse o addirittura inattuabili a causa delle divergenze di contesto e delle innumerevoli sfaccettature (morfologiche, storiche, economiche, socio-culturali ecc.). Le difficoltà tuttavia aumentano se la città di riferimento è Roma che, come già più volte ribadito, racchiude in sé una complessità raramente riscontrabile in altre realtà italiane ed europee. Basti pensare al suo patrimonio culturale, incommensurabile per qualità e quantità:
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Il 9 e 10 maggio torna con la sua quarta edizione Open House Roma, la manifestazione parte di un network internazionale che ad oggi coinvolge 28 città nel mondo e che aprirà nuovamente, in un solo weekend, le porte dell’architettura più rappresentativa della Capitale, in modo totalmente gratuito.
L’edizione del 2014, con oltre 160 edifici aperti e 60 eventi speciali, ha visto la partecipazione di più di 50.000 visitatori e 70.000 sono previsti per la nuova edizione.
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di Virginia Rossini, Alessandra Montenero, Giancarlo Goretti, Gianfranco Carrara, Paolo Marongiu
Il territorio italiano rappresenta il paesaggio con la più alta densità di beni culturali al mondo. Pertanto, dovrebbe essere considerato, tutelato e conservato nel pieno rispetto della sua storia, coniugandola alle esigenze della vita contemporanea, grazie a una sapiente pianificazione e progettazione. Viceversa, spesso si rilevano evidenti segni stridenti che producono dissonanze sgradevoli in questo paesaggio così pregevole quali, ad esempio, condizionatori, canalizzazioni di impianti, ecc. Uno degli aspetti più rilevanti da risolvere ai fini della tutela del territorio e del paesaggio italiano risulta quindi essere la problematica
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L’Accademia Adrianea di Architettura e Archeologia e l’Ordine degli Architetti della Provincia di Roma hanno assegnato il Piranesi Prix de Rome 2015, riconoscimento all’alta cultura classica in architettura, giunto alla quinta edizione, all’architetto svizzero Bernard Tschumi.
Bernard Tschumi è uno dei più importanti architetti del panorama internazionale e figura di rilievo nel percorso storico dell’architettura contemporanea. La sua opera di intellettuale-architetto è sempre stata connotata dalla doppia vocazione letteraria e progettuale. Come altre personalità che hanno dominato il dibattito architettonico dell’ultimo quarto di millennio, tra cui Peter Eisenman e Aldo Rossi,
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di Federico De Matteis
La mostra XDGA_160_EXPO propone una visione singolare, anche se non radicale, di ciò che può significare oggi fare architettura. Gli oggetti in mostra sono 22: di questi, tre realizzati, tre in corso di costruzione, due sono studi di carattere teorico, i rimanenti 14 sono concorsi non vinti o che, sebbene vittoriosi, non hanno avuto un seguito. L’arco temporale coperto va dal 2000 al 2013. Ogni progetto, come anche la stessa esposizione e il libro che la accompagna, viene titolato con un numero a tre cifre che rappresenta la posizione dei relativi dati
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Il film di Sorrentino preso a spunto per il tema del primo numero della nuova AR - casualmente il numero 111, quasi a segnare un nuovo inizio - propone l’immagine di una città meravigliosa ma decadente, regalata ai turisti e ignorata dai romani, nelle cui stratificazioni rivivono più di 2000 anni di storia.
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La storia urbana di Roma e la sua archeologia sono un tema stratificato, inafferrabile e contraddittorio. La città capitolina è un polo turistico di punta, ricco di reperti unici e vestigia del passato. Ma come ci si relaziona quotidianamente, anche nell’attività
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Lo scorso 17 ottobre si è tenuta negli spazi della Casa dell’Architettura la lectio magistralis dell’architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg.
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Committente: Roma Capitale
Costruttore: Consta Spa
Data di completamento: 2011
Destinazione d’uso: Ponte pedonale sul fiume Tevere, con predisposizione per un futuro corridoio tramviario
Tipo di intervento: Nuova costruzione
Localizzazione: Lungotevere Flaminio - Piazza Gentile da Fabriano
Fotografie: Massimo Capasso, courtesy Kit Powell-Williams AADipl RIBA
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Committente: Ghella Spa
Costruttore: Tecnoclima Group Srl (lotto A e B), Lanari Srl (ponte)
Superficie costruita: 5.000 m²
Data di completamento: 2012
Destinazione d’uso: Uffici
Tipo di intervento: Riqualificazione edilizia ed energetica
Localizzazione: Via Pietro Borsieri
Fotografie: Arianna Scaglione, courtesy RicciSpaini Architetti Associati
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Progettista: Richard Meier & Partners Architects
Committente: Comune di Roma
Superficie costruita: 4.250 m²
Data di completamento: 2006
Destinazione d’uso: Museo, reception, bookshop, biblioteca digitale, uffici, servizi, auditorium, caffetteria
Tipo di intervento: Nuova costruzione
Localizzazione: Lungotevere in Augusta
Fotografie: Roland Halbe