Al di là della loro temporaneità, Olimpiadi, esposizioni universali e altri grandi eventi rappresentano un catalizzatore di investimenti e trasformazioni per la città ospitante, individuando o rafforzando nuove traiettorie di sviluppo. Pur avendo gli eventi una durata limitata, le implicazioni ad essi legate coinvolgono un tempo molto più ampio, sia nella fase di preparazione sia, soprattutto, negli effetti a lungo termine. La legacy, ovvero l’eredità materiale e immateriale che si deposita sul territorio,
è ciò che rimane e che trasformerà permanentemente l’immagine della città. Quindi la pianificazione consapevole di questo lascito in termini culturali e simbolici è forse più importante dell’evento stesso ed elemento che, in una visione temporalmente più ampia, permette di valutare il successo e l’utilità di una grande manifestazione.
Il ruolo dei mega eventi e la relazione con lo sviluppo delle città ospitanti sono qui indagati attraverso tre passaggi: una breve indagine sulle ragioni economiche e sociali che hanno determinato l’importanza dei mega eventi per le città e per i territori ospitanti, un excursus sui casi più recenti e significativi delle implicazioni urbane e territoriali dei mega eventi e infine, un approfondimento sulle Olimpiadi di Londra 2012, dove la pianificazione dell’eredità post-olimpica è stata parte integrante della programmazione iniziale dell’evento.
Il ruolo che negli ultimi decenni hanno assunto i grandi eventi nella trasformazione delle città è legato a un più ampio processo di terziarizzazione dell’economia, deindustrializzazione e delocalizzazione che dagli anni Ottanta hanno coinvolto le città europee e occidentali (Guala, 2015). Al ridimensionamento dell’industria è corrisposto un incremento di servizi e terziario in cui la valorizzazione dell’offerta turistica e culturale ha creato nuove opportunità di lavoro e di consumi. All’interno di questi processi, i mega eventi rappresentano un’occasione di ricollocazione internazionale, visibilità e sviluppo economico.
A partire da questa prospettiva, i mega eventi costituiscono un elemento di stimolo in termini di nuovi insediamenti, infrastrutture e recupero di aree dismesse e di riequilibrio territoriale. Pur non essendo i casi di rigenerazione un effetto diretto delle grandi manifestazioni, queste ultime rivestono un ruolo di acceleratori di rinnovamento, catalizzatori di trasformazioni urbane (Hiller, 2000).
Tra i mega eventi i giochi olimpici rappresentano l’occasione più importante in termini di investimenti, comunicazione, opere pubbliche e iniziative private.
Dal punto di vista dell’impatto sulla città è necessaria quindi una chiara strategia di pianificazione capace di includere i molteplici interventi previsti dal Comitato Olimpico Internazionale: la costruzione dei villaggi per atleti e per la stampa, la predisposizione di un sistema di viabilità pubblica e privata, alla scala locale, regionale e nazionale per rendere facilmente raggiungibili i siti olimpici, la realizzazione delle strutture sportive, la riqualificazione di aree dismesse o degradate e la preparazione di una rete di spazi pubblici e servizi di accoglienza per i visitatori. Negli ultimi vent’anni, Barcellona (1992), Sidney (2000), Atene (2004) e Londra (2012) sono le città nella quali gli effetti della strategia di rigenerazione urbana messa in atto per i giochi ha avuto effetti più rilevanti, positivamente o negativamente.
Barcellona
Con i giochi olimpici del 1992 Barcellona rafforza un processo di riqualificazione urbana avviato già a partire dagli anni Ottanta con interventi diffusi in tutta la città. Confermando la strategia di Oriol Bohigas dei “100 progetti”, gli interventi olimpici arricchiscono la città catalana di nuove strutture sportive e riattivano molteplici quartieri sia centrali, sia periferici. Contestualmente viene potenziata l’offerta culturale e incrementato il servizio di trasporto pubblico. A una strategia urbana forte ed efficace è seguita una chiara pianificazione dell’eredità olimpica materiale, prevedendo con anticipo il riutilizzo della maggior parte delle opere non destinate a uso sportivo. Il caso di Barcellona diventa così un modello di riferimento non solo dal punto di vista della riqualificazione urbana, ma anche per aver saputo coniugare una profonda trasformazione urbana con la valorizzazione turistica e culturale della città.
Sidney
Per i giochi del 2000 Sidney decide di concentrare gli impianti sportivi in un’unica area, focalizzandosi sul carattere “verde” e sostenibile delle opere e sul miglioramento del trasporto pubblico per raggiungere i siti olimpici.
Diversamente da Barcellona, la gestione dei siti olimpici e dell’Olympic Park parte con ritardo smorzando l’effetto positivo post-olimpico. Buona invece risulta essere l’eredità legata all’incremento della pratica sportiva dopo i giochi, nonché lo sviluppo turistico che ha interessato l’Australia.
Atene
Obiettivo della candidatura alle Olimpiadi del 2004 è per Atene quello di attivare un processo di modernizzazione per l’intera area metropolitana, migliorando il trasporto pubblico e riqualificando l’offerta culturale e turistica.
La modernizzazione auspicata non si concretizza a causa della difficoltà nella gestione di opere dislocate su un’area molto vasta e del ritardo nella realizzazione degli interventi. A distanza di dieci anni, molte strutture sportive risultano abbandonate o sovradimensionate, risultato tangibile di una legacy inesistente.
Londra
Considerando in una prospettiva storica gli eventi ospitati da Londra e le maggiori trasformazioni della città, emerge come le grandi manifestazioni temporanee siano state utilizzate come occasioni di riqualificazione urbana.
Nel 1851, l’area che ospitò la Great Exhibition tra Hyde Park e South Kensington fu successivamente interessata dalla costruzione del Victoria & Albert Museum, dal Science Museum e poi dalla Royal Albert Hall e dal Natural History Museum.
Un secolo dopo, l’Esposizione del 1951 permise di avviare una serie di profonde trasformazioni nell’area di South Bank predisponendo la successiva realizzazione della Royal Festival Hall e del National Theatre, del Globe Theatre, della Tate Modern e del Millenium Bridge nel 2000.
I giochi del 2012 hanno indotto la città a riflettere sul proprio sviluppo urbano, individuando come priorità il bilanciamento tra l’area occidentale più ricca (West London) e quella storicamente più povera (East End). La scelta di concentrare i siti olimpici a nord est di Canary Wharf/Isle of Dog ha confermato un processo di trasformazione urbana iniziato alla fine degli anni Ottanta con il recupero dei Dockland e poi con la realizzazione del Millenium Dome, progettato da Richard Rogers sulla penisola di Greenwich.
Gli esempi dei grandi eventi nella storia urbana londinese insieme alla più ampia prospettiva che ha visto le aree olimpiche inserite in un più esteso processo di sviluppo metropolitano, hanno portato, fin dalle prime fasi di organizzazione dei giochi, alla creazione di un’agenzia per lo studio delle destinazioni d’uso e delle linee guida per la gestione post-olimpica: l’Olympic Park Legacy Company, guidata da Richard Burdett (professore di Urban Studies presso la London School of Economics), è stata determinante nell’organizzazione dei giochi e per la loro eredità materiale (Legacy Plan).
L’eredità post-olimpica viene declinata dal piano in cinque differenti aspetti sociali, economici, spaziali: un auspicato miglioramento dello stile di vita dei londinesi, una crescita economica delle aree interessate, un rafforzamento della comunità urbana, una maggiore accessibilità e partecipazione agli sport per le persone con disabilità e un profondo processo di rigenerazione urbana.
In termini di rigenerazione urbana, gli obiettivi del Legacy Plan sono quello di trasformare una delle aree più povere di Londra in un quartiere vivace e capace di attrarre investimenti e professionalità dalle altre parti della città, di incrementare i servizi e le infrastrutture per la comunità, di migliorare la qualità di vita dell’East End. Il parco, i luoghi e gli abitanti sono i fattori per raggiungere gli obiettivi previsti.
Il Queen Elizabeth Olympic Park, già fulcro dei giochi olimpici del 2012, è stato riaperto al pubblico nell’estate del 2013 per diventare l’epicentro pubblico della nuova parte di città e attrazione a scala metropolitana, raggiungibile dalla stazione di Stratford: oltre a ospitare un fitto programma di eventi stagionali, la gestione del parco e delle strutture sportive è stata adattata alle necessità quotidiane degli abitanti. Tra gli impianti realizzati nel 2012, la Copper Box Arena, lo Stadium, il Lee Valley Hockey and Tennis Centre, il London Acquatic Centre e il Lee Valley Velopark, già concepiti per un uso post-olimpico, sono stati riaperti per essere la sede di altre manifestazioni sportive e a servizio dei cittadini.
La vicinanza al parco e alla stazione di Stratford, incrocio di connessioni internazionali e metropolitane, rende l’area particolarmente vocata all’insediamento di nuove residenze, spazi lavorativi e servizi. Il programma di sviluppo dell’area si estende da oggi fino al 2030, con la realizzazione di otto nuovi quartieri diversi per tipi residenziali e vocazioni.
L’East Village, residenza degli atleti durante i giochi, ha accolto i primi abitanti nel 2013 insieme alla costruzione di una scuola e altri servizi di quartiere. L’insediamento di Glasshouse Gardens, in fase di completamento e vendita, è concepito per avere una carattere internazionale con commercio, uffici e alloggi di piccolo taglio. Strand East, in prossimità delle vie d’acqua e del patrimonio industriale del secolo scorso, ospiterà residenze, spazi lavorativi e strutture alberghiere. Chobham Manor, in fase di occupazione da parte degli abitanti, è un quartiere disegnato per famiglie con negozi, caffè e servizi di vicinato. Per il quartiere di Pudding Mill si prevede il recupero di alcuni edifici esistenti e l’apertura di nuovi laboratori e attività artigianali, già parte dell’identità dell’area. Marshgate Wharf, uno degli ultimi lotti ad essere completato, è stato immaginato come un nuovo centro culturale, sede di alcune delle più note istituzioni londinesi. East Wick e Sweetwater, vicini all’acqua e al parco, sono in fase di completamento.
Oltre alle gestione del parco e ai nuovi quartieri, la strategia per questa nuova parte di città immagina un modello di abitare basato sulla creazione di posti di lavoro permanenti in zona con l’obiettivo di rafforzare il senso di appartenenza a luoghi a lungo marginalizzati.
Dall’8 dicembre 2015 a novembre 2016 Roma ospiterà il Giubileo straordinario della Misericordia, indetto da Papa Francesco nel marzo di quest’anno. I pochi mesi di margine sull’inizio delle celebrazioni hanno orientato la città alla previsione di interventi circoscritti e finalizzati alla manutenzione piuttosto che verso opere ingenti, difficilmente realizzabili.
Gli interventi previsti riguardano la riqualificazione di spazi pubblici, il potenziamento del trasporto pubblico, l’implementazione delle aree verdi e alcuni progetti di riqualificazione urbana in corrispondenza di quartieri più periferici e mete religiose più rilevanti.
Le opere previste, osservate nell’insieme, non sembrano tuttavia delineare una chiara strategia urbana capace di incidere sulla trasformazione della città. Le recenti dimissioni del Sindaco Marino rendono questa prospettiva ancora più incerta e di complessa realizzazione.
Il successo di un mega evento può essere valutabile in una prospettiva di lungo periodo che include tanto il tempo che precede la manifestazione, quanto quello che segue. Individuare gli obiettivi su un tempo lungo, riconoscere le vocazioni e i limiti di un luogo sono premesse necessarie affinché l’evento e le trasformazioni che lo accompagnano siano intrinsecamente legate alla città che li accoglie, ovvero in grado di confermare un processo di cambiamento già iniziato e sedimentato.
A fronte di un investimento ingente di risorse come quelle che un grande evento richiede, la pianificazione dell’eredità materiale e immateriale diventa elemento fondamentale per assicurare la sostenibilità e il buon esito degli sforzi compiuti, per garantire una continuità tra gli equilibri sedimentatisi nel tempo e l’immagine della città futura.